In metropolitana, alla fermata degli astronauti (Kosmonavtlar), le immagini di Yuri Gagarin e Valentina Tereshkova decorano le pareti.
Non appena metto piede in vettura, quattro ragazzi scattano in piedi per lasciarmi il posto a sedere.
E non è un caso: succede ogni volta che salgo in una qualsiasi vettura della metro.
In Uzbekistan pare proprio che l’educazione sia nel dna delle persone.
Quando si attraversa la strada, camminando sulle strisce, la auto non solo si fermano, ma mettono le quattro frecce per segnalare, anche a chi hanno dietro, la presenza dei pedoni. D’altronde le strade sono molto ampie ed è dunque importante che chi arriva, magari in una corsia parallela, sappia che più avanti c’è qualcuno che sta attraversando in mezzo alla strada.
Le persone si avvicinano e mi chiedono di poter fare un selfie: non perché mi abbiano scambiato per un qualche attore famoso, ma solo per rompere il ghiaccio: “Da dove vieni?”, “Ti piace il nostro Paese?”, “Pensi di tornare in Uzbekistan?”.
Le città principali sono antichissime (Khiva, Bukkara e Samarcanda hanno più o meno gli stessi anni di Roma!) ed al contempo sono modernissime.
La cosa della quale più si dolgono sono i settant’anni passati sotto il dominio sovietico: alla caduta del muro hanno riacquistato la loro indipendenza e, con essa, la libertà.
Un Paese giovane, orgoglioso delle proprie tradizioni e del proprio lontano passato.
Se noi abbiamo avuto Giulio Cesare, il loro “conquistatore” per antonomasia è Tamerlano.
Un tipo molto suscettibile: si chiamava Amir Timur e Tamerlano era il soprannome (vuol dire zoppo) ma se qualcuno si faceva scappare quel nome in sua presenza, poteva scordarsi di avere una testa, gli veniva tagliata sul momento.
E comunque, a Samarcanda non c’era nessuna signora vestita di nero ad aspettarmi.
Paolo Federici
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Ciao Paolo e Sig.ra ben Come in Italia, attraversamento pedonale, divieto di sosta, precedenza, ecc. ecc… vengono rigorosamente osservati ………….! Bentornati